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Il Sole 24 Ore

19/01/2022

Il Sole 24 Ore

Tra i giovani corsa a dimettersi in cerca di un posto migliore

Mondo HR. Secondo un’indagine dell’Associazione italiana per la direzione del personale (Aidp) su 500 imprese, per il 91% aumentano le dimissioni volontarie nella fascia 25-36 anni (70%) , al Nord

Sono soprattutto i giovani appartenenti alla fascia d’età compresa tra 26 e 35 anni, insieme agli impiegati del Nord Italia, ad essere coinvolti dalle dimissioni volontarie, che nel 2021 hanno toccato valori storicamente elevati. Il fenomeno è trainato dalla ripresa del mercato del lavoro, ma anche dalla ricerca di condizioni economiche più favorevoli e di maggior equilibrio tra vita privata e lavoro.

Lo evidenzia un’indagine dell’Associazione italiana per la direzione del personale (Aidp) che, oltre a confermare l’aumento esponenziale delle dimissioni volontarie, indaga sul fenomeno già evidenziato dalle rilevazioni della Banca d’Italia e del ministero del Lavoro, secondo cui il numero delle dimissioni, diminuito marcatamente all’insorgenza della pandemia, a partire dalla primavera del 2021 è risalito, assestandosi su valori lievemente superiori a quelli del 2019 (nei primi 10 mesi del 2021 sono state rilevate 777mila cessazioni volontarie di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, 40mila in più rispetto a due anni prima).

Un primo elemento che spicca dall’indagine Aidp è che per la maggioranza delle aziende il fenomeno è «inaspettato». In particolare il 60% delle aziende interpellate, coinvolte dal fenomeno delle dimissioni volontarie, nella maggior parte dei casi (75%) sono state colte di sorpresa rispetto ad una tendenza inattesa. Le fasce d’età maggiormente coinvolte riguardano i 26-35enni che rappresentano il 70% del campione, seguiti dalla fascia 36-45 anni. Si tratta di un fenomeno giovanile collocato soprattutto nelle mansioni impiegatizie (82%) e residenti nelle regioni del Nord Italia (79%). L’associazione per la direzione del personale, che ha promosso l’indagine su un campione di 500 aziende, nel commentare i dati elaborati dal Centro ricerche Aidp guidato dal professor Umberto Frigelli, sostiene che «siamo stati colti di sorpresa nella maggior parte dei casi, anche se dei segnali deboli dello sviluppo di questo fenomeno erano già ravvisabili».

Tra le cause principali della crescita esponenziale delle dimissioni volontarie c’è la ripresa del mercato del lavoro (48%), la ricerca di condizioni economiche più favorevoli in altra azienda (47%) e l’aspirazione ad un maggior equilibrio tra vita privata e lavorativa (41%), seguite dalla ricerca di maggiori opportunità di carriera (38%). In evidenza, inoltre, il 25% del campione che ha indicato la ricerca di un nuovo senso di vita, insieme al 20% che ha imputato ad un clima di lavoro negativo interno all’azienda la ragione delle dimissioni. «Il rispetto dei valori individuali, la qualità delle relazioni, il benessere sul posto di lavoro e una serie di aspetti aderenti alla propria motivazione e alle proprie aspirazioni sono diventati indispensabili - commenta Aidp-. Il fattore scatenante è che le persone si sono interrogate rispetto al senso del proprio lavoro e in qualche caso della propria vita e, nella maggior parte dei casi, hanno scelto il cambiamento».

Per il 57% dei direttori del personale il fenomeno è la dimostrazione di quanto sta cambiando la percezione che le persone hanno del senso del lavoro e per il 30% di quanto, invece, stia cambiando il mercato del lavoro. Circa l’88% delle aziende coinvolte ha dichiarato che non hanno in atto un piano di incentivo all’esodo, mentre il restante 12% ha in corso piani di incentivazione all’uscita anche con prepensionamenti, che «rappresenta una delle cause sottostanti ipotizzate, ma è da escludere rispetto al boom di dimissioni».

Guardando all’andamento del passato qual è stato l’impatto per le imprese oggetto dell’indagine?. Per il 59% delle aziende l’impatto delle dimissioni è stato superiore di almeno il 15% rispetto agli anni precedenti e per il 32% l’aumento è stato del 30%. Numeri che «evidenziano chiaramente una novità improvvisa e inconfutabile», sottolineano i curatori della survey.

Come stanno reagendo le aziende? Si stanno attrezzando per far fronte alla crescita repentina e inattesa di dimissioni, soprattutto sostituendo i fuoriusciti con altri dipendenti con contratti a tempo indeterminato e determinato (55%), mentre per altre si tratta di un’occasione di riorganizzazione dei processi produttivi (25%). Una parte significativa di aziende, invece, ha adottato una pratica attendista per valutare con maggior tempo gli impatti che avrà il fenomeno (15%). Le funzioni aziendali più coinvolte sono Informatica e Digitale (32%), Produzione (28%) e Marketing e Commerciale (27%). Dal punto di vista dell’anzianità aziendale dei lavoratori coinvolti nel fenomeno, la maggior parte riguarda la fascia da 1 a 5 anni (75%) e in misura minore i dipendenti presenti da più anni in azienda.

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Giorgio Pogliotti



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