IMPRESE E TERRITORI

Il Sole 24 Ore

21/01/2025

Il Sole 24 Ore

Porto di Corigliano Calabro, uno spreco che vale 50 milioni

COSENZA

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’abbandono della multinazionale americana Baker Hughes che aveva pianificato all’interno del porto di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza, un investimento di 60 milioni, poi dirottato su Vibo Valentia. Persi i fondi e persi quasi 200 posti di lavoro. Per non parlare dei 50 milioni che, secondo stime, sono stati spesi in tutti questi anni per le infrastrutture portuali. Ma andiamo con ordine.

La vicenda della multinazionale americana Baker Hughes ha fatto riaffiorare la punta di un iceberg, posato lì sulla costa jonica della Calabria, inerme e inutile o quasi. Una vicenda che chiama in causa la classe dirigente della Calabria e non solo per l’opportunità persa di recente ma per tutto ciò che poteva essere fatto e non è stato fatto per questo porto, che aspetta un nuovo piano regolatore, nato con l’obiettivo di dare a questo pezzo di Mezzogiorno una prospettiva di sviluppo che allora si immaginava sul fronte petrolchimico. Un progetto che risale al 1967 e che in questi quasi 58 anni ha prodotto solo spesa per le infrastrutture portuali e nulla di più: risale al 1967, si diceva, l’annuncio dell’approvazione del progetto del primo lotto dei lavori che cominciano «subendo nel tempo svariate interruzioni - hanno raccontato Pier Emilio Acri e Salvatore Arena nel libro “Il porto di Corigliano Calabro tra storia e memoria” -. I lavori vanno avanti fra alterne vicende ma il porto finalmente è reso agibile. A tutt’oggi ne attendiamo il suo definitivo decollo». Il libro è del 2009, oggi le cose non sono cambiate. «E’ una Ferrari che viene tenuta in garage per essere utilizzata solo la domenica e non sempre - dice Giuseppe Guido, fino a qualche giorno fa segretario generale della Cgil comprensoriale Pollino – Sibaritide – Tirreno -. Si presta ad attività qualificate che potrebbero essere praticate attraverso una piattaforma logistica al servizio della filiera agroalimentare: la Piana di Sibari, nell’area adiacente al porto, è la sede del Distretto agroalimentare di qualità che comprende 31 comuni, tra cui Corigliano Rossano, e opera su una superficie di 184 mila ettari di terreno con un centinaio di imprese consorziate. Un’area che si candida naturalmente a essere volano per lo sviluppo economico della Calabria, con la presenza di due Aree di sviluppo industriale situate in territorio contiguo» . E invece c’è il nulla se persino la Zes, soprattutto dopo essere diventata unica per tutto il Mezzogiorno, si è rivelata un inutile orpello.

«Il porto di Corigliano Rossano ha tutte le caratteristiche per aspirare a uno sviluppo coerente con le vocazioni del territorio potendosi porre utilmente al servizio tanto della pesca che delle produzioni presenti nell’area che di un auspicabile utilizzo per il turismo crocieristico - dice il presidente di Confindustria Cosenza Giovan Battista Perciaccante -. Il Distretto agroalimentare della sibaritide con le sue produzioni d’eccellenza, potrebbe realizzare da subito un salto positivo nella propria capacità di competere sui mercati internazionali grazie alla possibilità di utilizzo di un porto posizionato in maniera strategica rispetto ai principali mercati di riferimento. Bisogna abbandonare pigrizie e anacronistiche rendite di posizione a favore di un impegno in direzione della valorizzazione e del rilancio strutturale di questa infrastruttura che rappresenta una delle principali risorse per il territorio». Già, si direbbe.

In tutti questi anni, a voler fare il calcolo di quanto è costato il porto ai contribuenti, arriviamo a una stima (per difetto) di una cinquantina di milioni. I fondi programmati per il rilancio superano (parliamo sempre di stime) i cento milioni. Di fatto oggi lo scalo di Corigliano Calabro, con fondali di 12 metri, 5 banchine operative, piazzali molto grandi, è utilizzato al minimo: una quarantina di pescherecci di dimensioni medio-piccole popolano una delle due darsene (che ha fondali da 7 metri) e i piazzali sono utilizzati per un’attività di riciclo e commercializzazione di ferraglia. «La scarsa affluenza dei traffici diretti nel porto contrasta con le rilevanti dotazioni infrastrutturali dello stesso, che può contare su uno specchio acqueo di un milione metri quadrati, una superficie di piazzali operativi di oltre 300mila metri quadrati e aree a terra per circa 1.300.000 metri quadrati - si legge sul sito della Regione Calabria -. Gravi le carenze infrastrutturali che richiedono interventi connessi con la realizzazione del raccordo alla stazione marittima e dei piazzali retrostanti la banchina dedicata alle navi da crociera, nonché il miglioramento dei collegamenti con gli altri nodi della rete di trasporto». Quando si parla di questo scalo il presidente dell’Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio Andrea Agostinelli si arrabbia parecchio e non solo per la vicenda Baker Hughes. Lo spreco è sotto gli occhi di tutti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nino Amadore



Per poter sfogliare questo e gli altri articoli di Il Sole 24 Ore scarica l'applicazione sul tuo smartphone o sul tuo tablet dallo store